L’Icona

Un approccio sull’Icona della Madonna del Perpetuo Soccorso

La Madonna del Perpetuo Soccorso è una icona di scuola cretese oggi presente nella chiesa di Sant’Alfonso all’Esquilino a Roma. Il quadro venne donato ai redentoristi da Papa Pio IX nel 1866.

L’Icona originale della Madonna del Perpetuo Soccorso è “dipinta” su una tavola di legno di 51.8 x 41.8 cm, di scuola cretese è del 14° secolo. Lo stile è quello delle icone dette della “Madonna della Passione”. L’icona, oltre ai due personaggi principali Maria e Gesù Bambino, vede ai lati due arcangeli, Gabriele a destra e Michele a sinistra, che hanno nelle mani gli strumenti della passione. Lo sguardo del bambino è rivolto verso l’alto, verso il Padre, a guardare con speranza all’approdo glorioso della sua passione. Lui si appoggia al petto della Madre, aggrappandosi alla sua mano, indicando un gesto quasi di paura, ma in realtà vuole risaltare un gesto filiale di fiducia, rifugio e sicurezza. Il calzare del piede che slacciatosi ne mostra la pianta vuole sottolineare il patto di alleanza, sciogliendo i legacci dei sandali (cf. Sal 60, 10 e Lc 3, 16). La mano di Maria invece indica il figlio come il soggetto principale del quadro: questo semplice gesto è spesso presente in icone mariane e conferisce alla Vergine il soprannome di Odigitria, ossia dal greco “Colei che indica il cammino” verso il Redentore, o Nostra Signora dell’Itria cioè dell’indicazione appunto.

La tradizione popolare narra che l’icona venne rubata nel XV secolo in una chiesa dell’isola di Creta da un mercante che tenta di trafugarla a Roma, ma durante il viaggio la nave fece naufragio, però tutti gli occupanti si salvarono. Questo venne interpretato come un gesto miracoloso. Il mercante custodì in casa l’Icona e in punto di morte chiese a un amico di riportala in una chiesa. L’amico però non eseguì la volontà del morente e si tenne in casa l’Icona.

Alla morte di quest’ultimo, Maria apparve in sogno alla figlia e le chiese di essere portata in una chiesa, tra le basiliche di Santa Maria Maggiore e di San Giovanni in Laterano. Dopo molte insistenze della figlioletta, la madre la consegnò alla chiesa di San Matteo, curata dagli agostiniani, il 27 marzo 1499 e lì restò per trecento anni oggetto di molta venerazione.

Questa chiesa venne distrutta dalle truppe napoleoniche nel 1798, ma l’Icona venne salvata grazie all’intervento di un frate.

La Congregazione dei Redentoristi acquistò a metà dell’Ottocento un sedime per edificarvi la sua casa generalizia a Roma. Lì trovarono le rovine della Chiesa di S. Matteo e un giovane prete redentorista indicò ai superiori dove si trovava questa icona della Madonna.

Cosicché i redentoristi chiesero al Pontefice Pio IX di poter rientrare in possesso dell’icona che un tempo era venerata in quel luogo, cosa che avvenne nel 1866.

Da allora migliaia di copie dell’immagine sono state riprodotte su iniziativa della Congregazione Redentorista per la venerazione dei credenti di varie parti del mondo.